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Riflessione 12 04 2020 Pasqua

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Riflessione del 12 04 2020 DOMENICA DI PASQUA

Vangelo Gv 20,1-9
Egli doveva risuscitare dai morti.

Fratelli e sorelle carissimi, non possiamo celebrare insieme la divina Eucaristia pasquale, ma non dimentichiamo che oggi è un giorno di festa perché Cristo ci ha resi partecipi della sua Risurrezione e, proprio in questo tempo difficile, se l’accogliamo ancora una volta vuole farci compiere il passaggio dalle “tenebre” alla “luce”. È il cammino che ci vuole far compiere il Vangelo di questa domenica.

Il testo che ci viene offerto è molto ricco e non possiamo ridurlo ad un semplice episodio che deve provare la risurrezione di Gesù. A tal proposito è necessario ricordare che il IV evangelista usa sempre un linguaggio intrecciando due livelli: il “piano storico”, oggettivamente percepibile e il “piano simbolico”, più profondo, che tenta di dire umanamente il mistero di Dio che si è incarnato per l’umanità. È a questo livello che Giovanni ci vuole portare, per credere in Gesù come Figlio di Dio e perché credendo abbiamo la vita nel suo nome (Gv 20,31).

Nel Vangelo di Giovanni, l’esperienza della risurrezione si svolge in cinque momenti: a) il mattino del primo giorno della settimana, con la corsa dei due discepoli alla tomba ormai vuota; b) l’incontro con la Maddalena; c) la stessa sera nel Cenacolo, con l’apparizione ai discepoli; d) la settimana seguente con Tommaso; e) l’apparizione ai discepoli sul lago di Tiberiade.
Oggi ci viene proposto l’inizio della fede pasquale, con la visita alla tomba vuota.

La morte di Gesù, aveva significato per i discepoli lo sfaldamento delle relazioni e la fine del loro cammino di sequela. La realtà della risurrezione significa un capovolgimento; è un passare dal “buio” alla “luce”, dalla “paura” al “coraggio”, dalla mancanza di intelligenza spirituale alla comprensione delle Sacre Scritture o, in altre parole, “dall’incredulità” alla “fede”.

Nel racconto è data grande attenzione proprio a questo cambiamento di situazione spirituale che la risurrezione di Gesù provoca nei discepoli e per questo viene messo in parallelo: Pietro, esempio del discepolo che fa difficoltà ad entrare nella logica “scandalosa” del Signore (vedi meditazione del Giovedì Santo), e il “discepolo amato”, figura di chi accetta l’amore di Gesù su di lui e, nella forza di questo amore, rimane fedele anche nei momenti più bui.
Addentriamoci ora in qualche dettaglio del racconto.

“Di buon mattino, quando era ancora buio”
Già l’indicazione temporale è strana, perché si sottolinea che “era mattino”, cioè vi era già luce, e subito dopo si aggiunge che “era ancora buio” (“s??t?a” letteralmente “tenebra”). Non si tratta di individuare i pochi minuti che possono essere confine tra l’aurora e l’alba, ma di comprendere la situazione contraddittoria in cui vivono ancora i discepoli di Gesù e le donne che l’hanno seguito fino a Gerusalemme. È già spuntata la “luce” del “Nuovo Giorno”, il primo della “Nuova settimana”. È incominciata la settimana della “Nuova Creazione” che avrà il suo apice nel giorno della risurrezione per tutti gli uomini. Ma i discepoli nel loro cuore non hanno ancora aderito alla fede in Gesù risorto, così sono lontani da lui e sono nella tenebra.

Maria di Magdala, non avendo potuto vegliare il Maestro a causa del riposo sabbatico, spinta dall’amore è la prima che si reca al sepolcro. (Giovanni non accenna che la donna va al sepolcro per ungere il corpo di Gesù con profumi, dato che alla sua sepoltura sono state usate ben cento libbre - 45 Kg - di essenze di mirra ed aloe; 19,39).

Essa vede la pietra ribaltata, ma non capisce; non sa che la morte non ha potuto trattenere Gesù, che il sepolcro è ormai definitivamente aperto, perché Gesù è risorto da morte. Nella logica del suo amore, che non si è però ancora aperto alla fede, ella non può che correre quasi disperatamente a portare ai discepoli la triste notizia del trafugamento del corpo dal sepolcro. Si noti che ella non è ancora entrata nell’ottica della fede e l’idea della risurrezione non la sfiora neppure. Però Giovanni ci vuole ricordare che Gesù ha già vinto la morte donando la sua vita sulla croce, e lo fa ponendo sulla bocca della Maddalena il termine pasquale “Signore”.

“Correvano insieme tutti e due”
I vv. 3-9 presentano una scena occupata dai due discepoli, Pietro e il discepolo che Gesù amava. Per comprendere correttamente il testo dobbiamo ricordare (come dicevamo all’inizio, Giovanni narra la risurrezione in 5 momenti) che il nostro brano fa parte di un capitolo più ampio comprendente anche l’apparizione a Maria di Magdala, l’apparizione ai discepoli e quella in presenza di Tommaso. Ebbene, tutto il capitolo trova il suo compimento nella beatitudine finale detta alla presenza di Tommaso: “perché hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno” (Gv 20,29). Dunque, il nostro brano, come tutti i brani seguenti, tende verso questa affermazione che indica la “beatitudine della fede”, fondata sulla “testimonianza di coloro che hanno visto il sepolcro vuoto e il Signore vivo”.

I due discepoli sono Pietro e “un altro”, indicato attraverso l’espressione “il discepolo che Gesù amava”. Se accogliamo la tradizione che identifica questo “discepolo” con Giovanni, figlio di Zebedeo, rimane però nel quarto vangelo un discepolo senza nome, qualificato solo “dall’amore di Gesù per lui”. È certamente un personaggio storico, vissuto accanto a Gesù, ma ciò che si vuole metterne in risalto è la “funzione esemplare”. Egli è il “modello del vero credente che conosce l’amore di Gesù”, che si lascia amare dal Signore senza scandalizzarsi della debolezza della sua passione. Per questo lo segue fin sotto la croce, senza rinnegarlo, e sarà il primo a riconoscere il mistero della risurrezione. Egli è veramente l’amico di Gesù, il “prototipo” dei discepoli che Gesù non chiama più servi, ma amici (Gv 15,14).

La corsa indica che l’amore per Gesù, da parte di entrambi, è ancora vivo nel loro cuore e che anche Pietro, nonostante il suo tradimento, continua ad avere un attaccamento profondo al Maestro. La corsa vede però arrivare primo “l’altro discepolo”. E lo slancio dell’amore per Gesù che fa sì che questo discepolo anticipi Pietro. Egli, però, non entra, perché nel piano di Dio non ha ricevuto la responsabilità che ha ricevuto Pietro. È come se Giovanni dicesse: non è detto che l’amore del responsabile della comunità sia necessariamente maggiore rispetto a quello di ogni altro discepolo.

“Entrò e vide”
Poniamo ora attenzione ai verbi “vedere” e “credere”. Al v. 8 si dice che il discepolo prediletto “vide e credette”. Questa conclusione sta alla fine di una serie di verbi di “visione” che sono in progressione l’uno rispetto all’altro: all’inizio il discepolo prediletto, che arriva per primo, “scorge” (v. 5) le bende. Successivamente Pietro “osserva” il sudario e le bende, ognuno nella loro posizione (v. 6). Infine, il discepolo amato “vide e credette”. Ognuno di questi verbi esprime un crescendo verso la fede. Si va da un semplice vedere “materiale” a uno sguardo più attento che cerca di “andare oltre”, per giungere ad “un vedere che coincide con la fede”. Si noti che si tratta ancora di una “fede iniziale”, come precisa il v. 10, non riportato nel testo liturgico “non avevano ancora capito la Scrittura, che cioè egli doveva risuscitare dai morti”.

Il discepolo prediletto, guidato dall’amore di Gesù, si sta “aprendo alla fede” nella risurrezione e alla comprensione profonda della Scrittura che testimonia Cristo. Tuttavia per il momento è solo l’apertura iniziale che non è ancora la pienezza dell’affermazione pasquale che professerà sul lago di Tiberiade: “è il Signore!” (21,7). È lo stadio germinale della fede. Questo stadio iniziale dovrà essere superato in una fede più profonda, dove ci si lascia coinvolgere totalmente dal Risorto, e allora il cuore si apre alla gioia (cfr. Gv 20,20: “i discepoli gioirono a vedere il Signore”). La fede va sempre oltre i segni e li interpreta come segni di un mistero più profondo. Questo aprirsi al mistero è già fede, ma la fede alla quale il discepolo è chiamato è quella che lo coinvolge nell’annuncio gioioso agli altri, nella testimonianza coraggiosa e fattiva.

“Le bende ed il sudario”
Dedichiamo ora un attimo di attenzione al particolare che sembra avere molto valore per il nostro evangelista: la posizione delle bende e del sudario. Dalla loro attenta descrizione, sembra che Giovanni voglia dirci che nella tomba non c’era alcun segno di trafugamento del corpo, anzi che le bende erano giacenti al loro posto, come “vuote del corpo che contenevano”. Più difficile è il particolare del “sudario piegato in luogo a parte”. La traduzione è problematica. Alcuni autori rilevano come l’espressione è strana, e il testo significherebbe che “il sudario copriva/avvolgeva un luogo a parte”.

Il termine “luogo” (in greco “tópos”) è costantemente usato in Giovanni per indicare il “Tempio” o Gesù come “nuovo Santuario” di Dio, alcuni esegeti, pensano che il luogo separato indichi il “Tempio di Gerusalemme” simbolo dell’istituzione che ha dato morte a Gesù. Il sudario, simbolo di morte, è ormai lontano dal luogo dove era Gesù, ma avvolge il “Tempio” che non sarà più in grado di dare vita al popolo.

L’interpretazione rimane comunque difficile e ancora oggetto di discussione. Certo è che la tomba reca i segni di una vittoria sulla morte. Da questi segni il discepolo amato comincia ad aprirsi alla fede, proprio perché spinto dall’amore verso Gesù. Se avesse compreso le Scritture, la sua fede sarebbe stata piena, ma nonostante la loro non totale comprensione, il discepolo amato comincia a comprendere dai segni il mistero che attraverso questi si annuncia. La fede piena sarà quella che non ha più bisogno di segni: “Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” (20,29).

In questa condizione di “non vedere … ma credere” siamo tutti noi chiamati ad accogliere la Scrittura ed avere il coraggio di uscire dalle nostre paure, dai nostri piccoli o grandi egoismi e di lasciarci coinvolgere pienamente nella vita nuova della risurrezione.
Questa è la nostra Speranza. Tanti auguri di una fruttuosa fecondità pasquale.
Christos anesti!

Oggi, alle 9.00 celebrerò la divina Eucaristia in comunione con tutti voi

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