Menu principale:
Emergenza Corona Virus > Aprile 2020
Le meditazioni dell'ottava di Pasqua sono state preparate da don Emanuele Spano'La Comunità di San Basilio ringrazia il giovane presbitero per il sostegno che sta apportando al cammino ecclesiale e al conforto in questo tempo gravoso che si sta vivendo.
d. Luciano
Riflessione del 13 04 2020 LUNEDÌ FRA OTTAVA DI PASQUA
Vangelo Lunedì fra l'Ottava di Pasqua Mt 28,8-15
Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno.
Con la Domenica di Pasqua si è inaugurato il tempo pasquale; una cinquantina di giorni, ma considerati un unico giorno, che si concluderanno con la Pentecoste. È dalla Pasqua che nascono tutte le feste e le domeniche dell’anno. Tutto l’anno liturgico trova la sua dimensione teologica, liturgica, e di carità in questo giorno che il salmista canta così: «Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo» (Sal 118,24).
La gioia è l’elemento non solo emotivo, ma spirituale e liturgico del tempo di pasqua. Durante la veglia la ripresa del canto dell’Alleluia viene preceduto nella messa del papa con questa monizione: «Beatissime Pater, annuntio vobis gaudium magnum, quod est alleluia» [Beatissimo Padre vi annunzio una grande gioia che è l’Alleluia]. È la gioia che nasce nel nostro intimo, e che trova nella Pasqua l’origine e la fonte. Ed è la stessa gioia che anima le donne, che inizialmente in penosa tristezza si erano recate al sepolcro.
Soffermiamoci alle parole della prima lettura. Queste sono tratte degli Atti degli apostoli. Il brano in questione è il primo discorso che fa Pietro nell’opera lucana. Ma cosa dice Pietro: «Uomini d’Israele, … Gesù di Nazareth … l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere», (cfr. At 2, 22-24). Queste parole rappresentano il nucleo essenziale della nostra fede. Cosa significano le parole dell’apostolo? «Liberandolo dai dolori della morte» (2,24), potrebbe essere tradotto anche «liberandolo dalle doglie della morte». Questa traduzione ci dice in effetti quali dolori Gesù stava patendo: Le doglie sono i dolori che le donne provano durante il parto. Gesù, è arrivato al punto di non ritorno, il momento più doloroso della vita, ossia la morte, la quale viene paragonata ad una donna che partorisce, ma non la vita. Ed invece Gesù è sciolto da queste doglie, Gesù vince la morte, la quale non può generare. Ormai la nostra morte appartiene all’ordine della corruzione del corpo materiale, ma non è la fine, perché con il suo ritorno Cristo ci ha promesso di restituirci il corpo (la risurrezione della carne , come ci ricorda il Simbolo apostolico).
Lo stesso Pietro ricorre all’argomento scritturistico per far capire alla folla che nessuno ha inventato dicerie sulla risurrezione di Cristo (cfr. Mt 28,15). Pietro partendo dalle parole dell’orante esprime la sua speranza nell’aiuto del Signore, il quale non abbandonerà la vita dell’orante negli inferi, tantomeno permetterà che il suo “Santo”, ossia il corpo del orante, subisca la corruzione (cfr. Sal 16, 8-11). Per questo, Pietro, con la forza che proviene dalla fede, afferma di fronte a tutti che Gesù è stato risuscitato. Dio non poteva permettere che fosse abbandonato negli inferi o che potesse subire la corruzione.
In queste poche parole vi è il riassunto di tutta la fede cristiana. Non è un racconto del passato. Non è la cronaca di una giornata di due mila anni fa. È la fede in cui crediamo. Quel dinamismo in cui siamo stati abbassati e poi rialzati nel nostro battesimo. Il battesimo è il Sacramento per eccellenza. È il sacramento che ci ha reso in maniera indelebile cristiani. E ciò non si può cancellare. Puoi chiedere di essere cancellato dal registro dei battesimi, ma nessuno ti può cancellare il sacramento che hai ricevuto, anche sotto la responsabilità dei tuoi genitori.
L’eucologia di questa settimana ha il suo il punto centrale nel ricordarci, nel portare al nostro cuore, alla nostra memoria, questo sacramento, che i padri chiamano la “porta del Cielo”. La colletta di oggi, infatti, ci definisce «nuovi figli». Per tradizione, la Chiesa fin dall’antichità, durante la «madre di tutte le veglie», ossia la Veglia di Pasqua, battezza i catecumeni. Un famoso catecumeno, battezzato durante la Veglia pasquale, è stato Agostino, che fu battezzato proprio la notte di Pasqua a Milano da parte di sant’Ambrogio. La liturgia della notte di Pasqua infatti prevede che si benedica l’acqua del fonte battesimale, con un’orazione che è una splendida sintesi della storia della salvezza. Con il battesimo siamo diventati Figli, ci ricorda Giovanni nel prologo: «a quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio» Gv 1,12. Dunque, non siamo nati figli di Dio. Siamo nati creature, anzi persone, soggetti giuridici con tutti i diritti e i doveri di un qualsiasi cittadino. Ma figli di Dio no. Questo non lo siamo per natura. È un dono! Se leggete le orazione del messale di questa settimana sentirete dire spesso il termine “dono”, usato in riferimento al battesimo. Perché solo con il battesimo siamo diventati figli. Chiamati alla fede (cfr. orazione sui doni lunedì fra ottava di Pasqua) la fede nostra, che i nostri genitori hanno alimentato, per la quale ci siamo impegnati. Insegna sempre Giovanni: «a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né d volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1,12-13). Ecco, la fede ci fa aderire a Cristo, anzi fa di più. Essa non è una semplice adesione intellettuale, o un momento anche forte e prolungato di emotività. La fede è riconoscere l’amore che Dio ha per noi, è imparare a parlare la sua stessa lingua, perché lui è venuto «ad abitare in mezzo a noi e noi abbiamo contemplato la sua gloria» (Gv 1, 14). La fede ci consente di aprire gli occhi sull’infinito (Gv 1,50), di udire Dio nel sussurro di una brezza leggera (Is 1Re 1,12). La fede ci consente di accogliere l’annuncio delle donne del Vangelo di oggi. Il Vangelo di Matteo è l’unico che ci descrive la tomba di Gesù sigillata e custodita. Le donne non vanno al sepolcro per ungere il corpo di Gesù, ma vedere il sepolcro (Mt 28,1), potremmo dire che esse stanno attendendo la risurrezione. Matteo non ci dice come è avvenuta la risurrezione, ma il contesto nella quale avviene, che è tipo apocalittico. Abbiamo un terremoto (v. 2), un angelo che discende dal cielo e spostata la pietra che chiude il sepolcro, e si mette lì a sedere (v.2). Le donne piene di paura e di gioia hanno udito ciò che speravano, l’angelo ha detto «è risorto dai morti» (v.7). Ci colpisce la reazione degli anziani che per mettere a tacere i custodi che erano fuggiti dopo la risurrezione, e con essi la notizia che si sta diffondendo per tutta Gerusalemme, danno una «buona somma di denaro» (v. 12) ai guardiani. Non è il racconto che testimonia contro queste dicerie. È la fede della prima comunità cristiana generata dalle fede nella risurrezione che testimonia contro la corruzione degli anziani.
Le donne in Matteo non hanno alcuna esitazione nel riconoscere il Cristo risorto lo vedono e gli vanno incontro e gli «abbracciarono i piedi e lo adorarono» (v. 9). È il tipico gesto che veniva compiuto dinnanzi i sovrani orientali; le donne con un gesto semplice ed umile riconosco non un qualunque principe, ma il “principe della vita”.
La risurrezione centro della fede cristiana, non può rimanere né un fatto privato, né nascosto. Il Risorto invita le donne ad andare dai suoi fratelli, cioè i discepoli perché vadano in Galilea là lo «vedranno» (v.10). Le donne sono in un certo senso le prime “evangeliste”, coloro che per prima portano l’annuncio.
(don Emanuele Spano')