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Riflessione 14 04 2020

Emergenza Corona Virus > Aprile 2020

Riflessione del 14 04 2020 MARTEDÌ FRA OTTAVA DI PASQUA

Vangelo Martedì fra l'Ottava di Pasqua Gv 20,11-18
Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose.

Il Vangelo di questo secondo giorno dell’ottava di Pasqua ci racconta dell’apparizione di Gesù a Maria di Magdala. Per comprendere il contesto del Vangelo di oggi sarebbe meglio rileggere la sezione che lo precede. La chiave di lettura è data dal versetto: «il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattina, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro», (Gv 20,1).

Nel vangelo di Matteo le donne sono andate per vedere il sepolcro, mentre in Marco e Luca sono andate per ungere il corpo, in Giovanni invece abbiamo solo Maria di Magdala che va al sepolcro, un semplice modo di elaborare il lutto quello di andare sulla tomba dei nostri cari. In Matteo, le donne riconoscono subito Gesù e per questo gli abbracciano i piedi per adorarlo, in Giovanni, Maria non lo riconosce (v.14). Il brano del vangelo di oggi, per quanto simile a quello di ieri, ha delle sue sfumature che sono tipiche del vangelo di Giovanni. Matteo si sofferma al cuore del kerygma della fede cristiana: la morte e risurrezione del Signore; Giovanni vuole essere più teologico, ci vuole presentare la nuova condizione in cui Gesù è entrato, e nella quale ognuno di noi può ora accedere per mezzo del Cristo risorto.

Il pianto di Maria (v. 11), oggi lo sentiamo vicino. Forse, solo i più anziani di noi, i bambini che hanno vissuto la seconda guerra mondiale, possono ricordare il clima di guerra e di morte. Forse, non udiamo bombe cadere, colpi di fucile, eppure le nostre strade vuote, il nostro stare a casa, ci fanno comprendere la precarietà della vita: non siamo immortali. L’abbiamo voluto dimenticare, abbiamo tentato di nascondere la morte a noi stessi. Il Figlio di Dio, non solo ha scelto di farsi uomo, ma per giunta ha voluto vivere la nostra umanità fino in fondo, fino alle estreme conseguenze; perché essere uomini significa essere mortali. Maria di Magdala, è cosciente di questa aspetto del non ritorno, ma ora è addolorata perché non trova il cadavere del Maestro, è piange.
Tuttavia il vangelo di oggi ci presenta in poche battute il passaggio del dolore di una donna alla gioia. Il percorso di un’esistenza disposta a farsi raggiungere da Dio, la gioia è un dono esclusivo di Dio. Sarebbe riduttivo pensare che la gioia di Maria sia limitabile al rivedere il suo maestro vivo. Dopo che aveva trovato il sepolcro vuoto aveva chiamato gli Apostoli, e Pietro e “l’altro discepolo” erano corsi a vedere un sepolcro vuoto, ma Pietro non comprese, solo l’altro discepolo «vide e credette» (Gv 20,8), ma l’evangelista lo dice chiaramente che non avevano compreso la Scrittura (Gv 20, 9).

Maria sta cercando con tutta se stessa il corpo di Gesù. Entra nel sepolcro, e lì dove era il corpo vi sono solo le bende, non c’è più, dove l’avranno posto? Maria è disperata perché non trova i resti di Gesù, e sembra non notare gli angeli che stanno lì e quando le chiedono «Donna perché piangi» (v. 13) «hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto» (v. 14), non chiede a questi dove l’hanno messo. Poi un uomo, che scambia per il custode, le dice: «Donna perché piangi? Chi cerchi?» (v.15) e Maria gli risponde: «Signore se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo» (v. 15). L’uomo non chiede cosa cerchi, ma chi cerchi. La sua fede ancora non ha compreso, che lei deve cercare un uomo vivo tra i morti. Di fatto: «vide Gesù, in piedi, ma non sapeva che fosse Gesù» (v.14). Gesù si presenta a Maria, all’impiedi, stare “in piedi” non è causale, è la posizione della risurrezione, e per questo che nelle nostre liturgie stiamo all’impiedi, in particolar modo quando ascoltiamo il Vangelo, facciamo la professione di fede, durante la preghiera eucaristica e al Padre nostro. Dice Paolo rivolgendosi ai Galati: «Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (Gal 5,1); stare in piedi significa essere liberi non più schiavi, essere dei risorti non più dei morti.

Maria continua a non riconoscere Gesù. Né le sue parole, né il suo stare impiedi di fronte a lei. Quando si ha familiarità con le persone, siamo abituati a riconoscerne il passo (cfr. Gen 3,8), per questo riconosciamo i passi dei nostri mariti, delle nostre mogli, dei nostri figli, dei nostri genitori, dei nostri amici.
Comprendiamo come sia necessario per ognuno di noi fare un cammino di fede, per poter riconoscere Gesù, altrimenti rischiamo che Lui passi e parli, ma noi non lo riconosciamo. A questo punto Gesù chiama Maria per nome (Gv 20,16), ed ella a sentirsi chiamata riconosce il maestro, “rabunnì”; chi ama infatti riconosce la voce dell’amato (cfr. Ct 2,8) e di questi si fida, a fede in lui, come nel brano del buon pastore «le pecore lo seguono [il pastore], perché conoscono la sua voce» (Gv 10,4).

(don Emanuele Spano')


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