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Riflessione del 26 04 2020 III DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)
Vangelo III DOMENICA DI PASQUA
Lc 24,13-35
Lo riconobbero nello spezzare il pane.
Il racconto dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35) fa parte del trittico delle apparizioni che l’evangelista Luca pone alla fine del suo vangelo. Emmaus è la scena centrale preceduta dall’annuncio della risurrezione alle donne presso il sepolcro (24,1-8) con la relativa incredulità dei discepoli che non danno credito alla loro testimonianza. Segue poi l’apparizione di Gesù agli undici (24,36-42).
In questo modo Luca ci offre una progressione delle manifestazioni del Risorto. Le donne ricevono l’annuncio, ma non vedono Gesù, i discepoli di Emmaus pur camminando insieme a lui lo riconoscono nell’istante in cui scompare, gli undici invece lo vedono e possono percepire la sua corporeità, infatti egli mangia davanti a loro e spiega loro il significato degli avvenimenti che sono accaduti.
“In quello stesso giorno, il primo della settimana”.
Siamo nel giorno di Pasqua con due personaggi che compaiono qui per l’unica volta e non appartengono ufficialmente al gruppo dei 12 ma vengono chiamati “discepoli”. Di uno ci viene detto il nome: “Clèopa” del secondo, nulla. Possiamo dire che con l’identificazione dei personaggi, Luca ci dice qualcosa di interessante: il Risorto si pone accanto al cammino di ogni uomo. Sarebbe stato scontato trovare Gesù accanto a Pietro, alla madre, ai discepoli… eppure nulla di tutto ciò, ma accanto a sconosciuti. Il Risorto cammina accanto a chi non ha nome, a persone non note, persone comuni. In lui possiamo identificarci ciascuno di noi.
Questi, porgendo le spalle verso Gerusalemme si dirigono verso “altro”, cioè lasciano alle proprie spalle una “storia salvifica” per camminare in senso opposto. Il Vangelo di Luca ci ricorda comportamenti similari in altre occasioni. Ricordiamo ad esempio quel tale che scendeva da Gerusalemme a Gerico, cioè si allontanava dal Tempio/Dio per intraprendere le sue strade ed è incappato nei briganti/maligno (Lc 10,29-37); oppure il cap. 15mo, quel figlio minore che si “lascia alle spalle” la casa del Padre per rivolgersi verso una vita lontana dalla grazia, ma fa ritorno verso casa/Gerusalemme.
Essi “discorrevano e discutevano”, i due verbi, soprattutto il secondo, danno alla discussione una sfumatura di “litigio”, quasi i due discepoli oltre che essere amareggiati erano divisi riguardo all’interpretazione degli eventi. Amarezza e rabbia sono dunque i sentimenti che si sono impadroniti dei loro cuori. In questo contesto, Gesù in persona si accosta nel loro cammino. Il volto triste è l’emblema di una condizione che non lascia spazio ad alcuna speranza.
“Cominciò a spiegare loro…” inizia dalla ragione. Si devono ricevere idee nuove e, una volta accolte, arrivano al cuore. Dunque, primo passaggio è la “ragione” altrimenti diventa “sentimentalismo”, o “azionismo”: questa non è vera fede.
Gesù spiega gli eventi con la Scrittura, offre una nuova chiave di lettura che se viene accolta arriva al cuore e si trasforma in atti concreti.
Il percorso che Gesù fa compiere ai due discepoli: parte “dall’intelligenza” (“Spiegò loro tutto ciò che riguardava lui”), raggiunge i “sentimenti” (“Non ci ardeva forse il cuore…?”) e dona ai “sensi” una prospettiva nuova (“Sia aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”). Ecco un itinerario di conversione con il Risorto.
Il definitivo riconoscimento, l’aprirsi dei loro occhi, avviene però solo quando Gesù “prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro” (v. 30). La sequenza delle azioni compiute è la medesima di quella dell’ultima cena. E dunque un chiaro riferimento alla cena eucaristica. In quel momento, nel pane spezzato, il pellegrino sconosciuto viene identificato come il maestro.
La loro corsa senz’indugio verso Gerusalemme è il coronamento della loro conversione: “Davvero il Signore è Risorto ed è apparso a Simone” (v. 34).
Non è difficile intravedere in questo racconto la struttura di quella celebrazione eucaristica che già nelle comunità a cui si indirizzava Luca doveva essere ormai consolidata. In un tempo nel quale i testimoni oculari stavano ormai scomparendo e con loro veniva meno quella testimonianza diretta, Luca indica alle comunità a cui egli stesso appartiene che proprio nella celebrazione eucaristica, memoriale della Pasqua del Signore, lì è presente il Risorto.
Nella parola che è proclamata, nel pane spezzato, la Chiesa sperimenta la presenza del Cristo Risorto che, come allora, si accosta a tutti coloro che per vari motivi si stanno allontanando da Gerusalemme, forse delusi perché il cristianesimo dopo circa duemila anni sembra non aver operato nulla sul piano sociale o perché la Chiesa appare lontana da quell’ideale che annuncia. Cristo Risorto si accosta anche a coloro che pur formalmente non si sono mai allontanati, ma il cui cuore da tempo è triste e privo di speranza.
Oggi come allora l’itinerario per correre senz’indugio a Gerusalemme ad annunciare che Egli è davvero risorto è l’ascolto orante della sua parola e lo spezzare il pane in sua memoria.