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Emergenza Corona Virus > Aprile 2020
Riflessione del 28 04 2020 MARTEDÌ DELLA III SETTIMANA DI PASQUA
Vangelo Martedì della III settimana di Pasqua
Gv 6,30-35
Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo.
Continua la discussione sul tema del “Pane della vita”, nella pericope di ieri, lunedì della III settimana, Gesù aveva indicato “un’opera” che era necessaria fare: preoccuparsi (“operare/lavorare”) per un “cibo che perisce”. Gesù però precisa che l’opera di Dio non consiste nel dover fare qualcosa per procurarsi questo cibo, ritenendo che sia l’uomo a procurarsi la salvezza, facendo le opere che Dio vuole; ma significa “aderire” all’opera che lui compie. E l’opera di Dio è “credere in colui che egli ha mandato”.
Oggi, gli interlocutori pretendono prove concrete e Gesù, rievocano l’episodio della manna narrato in Es 16,2ss, risponde alla loro provocazione contrapponendo alla manna effimera il “vero pane disceso dal cielo”. Il Figlio di Dio fa comprendere che la vera attività profetica di Mosè (= Legge) era ombra delle cose future; dice chiaramente che “non era Mosè a dare il pane” (v. 32) ma l’autore del dono era il Padre. Mosè aveva mediato un cibo deteriorabile, solo per gli ebrei; Gesù dà un cibo eterno per tutta l'umanità; il Figlio non è orientato al passato, ma apre alla novità di Dio. La citazione dell’episodio della manna è implicitamente una risposta alle attese escatologiche giudaiche, secondo cui il Messia sarebbe ritornato come redentore con una nuova manna, compiendo un nuovo esodo verso l’incontro con il Padre. Gesù dice di essere lui il Messia che adempie tali attese. Lui è il pane che placa la fame della storia.
Segno dell’attenzione e della presenza di Dio allora non è tanto il pane materiale che ha sfamato la folla, ma è Gesù stesso. Egli infatti conclude: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”.
Chi crede in maniera autentica trova il senso dell’esistenza non nella potenza eroica dei progetti umani, ma nell’abbandonarsi con fiducia a chi spezza come pane una parola che non inganna.
Nei riti preparatori alla comunione la liturgia prevede la recita del Padre nostro, nella quale invochiamo il “pane quotidiano”. E l’invocazione che riassume in sé tutti i bisogni dell’uomo: quelli materiali, ma soprattutto il bisogno di quel cibo che dura per la vita eterna e che estingue la fame per sempre, perché sorpassa sempre ogni nostro desiderio e ogni nostro bisogno. Nella partecipazione all’Eucaristia ci nutriamo di questo pane del cielo e siamo indirizzati con la continua protezione di Dio verso l’eredità eterna.