Menu principale:
Emergenza Corona Virus > Marzo 2020
Riflessione 30 03 2020 LUNEDÌ V SETTIMANA DI QUARESIMA
Vangelo (Gv 8,1-11)
Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.
L’episodio risulta incorniciato nel Tempio, durante la festa delle Capanne (Gv 7,1-8,59).
Il racconto si apre con Gesù che all’alba si reca nel Tempio e si siede ad ammaestrare tutto il popolo. Scribi e farisei mettono sotto processo un’adultera colta sul fatto e vogliono la sentenza di Gesù. Si tratta di una trappola (v. 6). In realtà l’imputato è Gesù e il suo insegnamento. Facendosi scudo di Mosè (= Legge), gli scribi e i farisei hanno già pronunciato il verdetto: è una sentenza di morte per lapidazione (Es 20.14; Lv 20,10, specificata in Ez 16,40). Come in altri episodi, in gioco sono l’autorità della Parola e del comportamento di Gesù che accoglie i peccatori. I Maestri della Legge, almeno loro si presentano come gli interpreti e tutori, hanno paura di colui che ammaestra come un nuovo Mosè (“didáskein”, cfr. Dt 4,14; 6,1) e siede spodestandoli dai loro scranni d’influenza dottrinale (Mt 23,2). A loro in fondo non interessa la Legge, ma il potere che detengono utilizzando questa Legge: nelle loro mani si trasforma in strumento di paralisi e di morte, staccato dalla originaria volontà di Dio (Gv 5): guardano solo al suo peccato: “donna in flagrante adulterio”. È curioso tra l’altro che sia assente il partner maschile e colpevole, come prevedeva la legislazione: l’adultera è doppiamente indifesa, sia come adultera, sia come donna.
La risposta di Gesù è sconcertante, quanto enigmatica: tace e si mette a “scrivere con il dito per terra”. Molte sono state le interpretazioni di questo gesto: il verbo greco “???f?” (gráfo) può significare “scrivere”, “disegnare”, ma anche “mettere per iscritto un’accusa”. Non sappiamo realmente Gesù cosa abbia scritto o disegnato, una ipotesi più plausibile è quella che si richiama al passo di Ger 17,13: “Speranza d’Israele. Signore, quanti ti abbandonano resteranno confusi; quanti si allontanano da Te saranno scritti sulla polvere, perché hanno abbandonato la fonte di acqua viva”. Colui che tempo prima, sempre a un’altra adultera (Gv 4) e durante la festa (7,37-38), si era presentato come “fonte di acqua viva”, non scrive più con il dito di Dio su tavole di pietra (Es 31,18; Dt 9,10) che in mano ad uomini diventano pietre da scagliare, ma nella polvere; è un gesto con cui rivendica la sua autorità di giudizio, che non è di condanna, ma di perdono. Il suo dito proclama la buona notizia del regno per i peccatori e gli esclusi (Lc 11,20).
Insieme al gesto una parola per chi si è fatto giudice: “Chi è immune da peccato, scagli la prima pietra”. L’allusione è alla Legge (Dt 17,7s.) ed è rinviandoli alla loro Legge che Gesù li smaschera, nel loro peccato nascosto e nella loro “giustizia” che in realtà è violenza (cfr. Dn 13,52-53). Una legge incapace di “guarire” e di garantire l’innocenza anche al più zelante osservante: dal punto di vista della Legge, tutti gli uomini sono peccatori. Gli scribi e i farisei se ne vanno uno dopo l’altro (l’accenno ai “più vecchi” può evocare gli anziani del Sinedrio, o con un po' di fantasia il “fratello maggiore” della parabola del Padre misericordioso in Lc 15).
Gesù resta solo con la donna, commenterebbe sant’Agostino “restano soli miseria e misericordia”. A differenza degli altri Gesù le parla e la fa parlare come persona; è un gesto impensabile che abbatte barriere e preconcetti (cfr. Gv 4,27). Non fa indagini, rimproveri: soltanto la richiesta di “non tornare a peccare” dopo aver incontrato Lui (cfr. Gv 5,14). Non c’è nessun moralismo nelle parole di Gesù: non entra nei dettagli, ma va al cuore delle scelte fondamentali della persona.
L’incontro con Gesù è stata una nuova creazione, perché ha restituito la donna a se stessa, aprendole un orizzonte che era di morte e di maledizione. Un orizzonte che è dono, («va’») ed impegno («non peccare»), per non ricadere in una condizione peggiore di prima (Lc 11,25; 2Pt 3,22).
«D’ora in poi» va inteso nel senso che, da quel gesto del Maestro, la chiesa ha imparato a sviluppare una prassi di perdono tale da divenire segno di misericordia e di accoglienza per i peccatori, luogo dove alla “condanna del peccato”, si accompagna una “ricerca del peccatore” e una “proposta di conversione” e “di rinascita dall’alto”. Il fatto che Gesù non si chini una sola volta per terra, ma debba ripetere il gesto, lascia pensare ad un processo continuo di umiliazione e di innalzamento, di morte e di risurrezione, di peccato e di perdono. L’apertura di un futuro è resa possibile dal perdono.
Oggi, alle 12 ?? celebrerò la divina Eucaristia in comunione con tutti voi