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Emergenza Corona Virus > Marzo 2020
Riflessione 31 03 2020 MARTEDÌ V SETTIMANA DI QUARESIMA
Vangelo (Gv 8,21-30)
Avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono.
Ci ritroviamo in una nuova controversia e Gesù, come sempre, si pone su un terreno diverso/alto e per chi non crede e non accoglie il Figlio di Dio risulta incomprensibile e a volte scandaloso.
Per la seconda volta il Maestro parla della sua dipartita. Lo aveva già fatto precedentemente e avevano frainteso che “sarebbe andato all’estero”, fuori della Palestina (“Dissero dunque tra loro i Giudei: «Dove mai sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e ammaestrerà i Greci?” 7,35). Questa volta, pensano che avrebbe voluto uccidersi (“Dicevano allora i Giudei: «Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?»” 8,22). Nei due casi si tratta di una “incomprensione totale”, incomprensione inevitabile finché non si conosce la vera origine di Gesù.
L’evangelista descrive l’origine di Gesù ricorrendo nuovamente a categorie spaziali: “di lassù - di quaggiù”. E queste categorie spaziali non corrispondono alla “forma mentis” dei giudei. Essi esprimevano queste realtà con categorie temporali: il “mondo presente” e il “mondo futuro”. Quello che essi attendevano per “il futuro” il quarto vangelo lo esprime con la categoria spaziale di “lassù”. Ora, questo “futuro” si è reso “presente”, sebbene essi “non lo credono”, perché “non ne hanno esperienza”. E non hanno questa esperienza perché il loro atteggiamento d’incredulità “li esclude da questo mondo di lassù”.
Gesù si è già presentato. Egli è di lassù, viene da Dio, è la “luce”, il “pane della vita” ... La vera presentazione di Gesù può avvenire solo in questi termini o in altri simili. Chi non accetta questa presentazione che Gesù fa di sé, si chiude completamente alla comprensione del mistero della persona del Figlio di Dio. Per questo, risponde alla domanda: “Tu chi sei? Gesù disse loro: Proprio ciò che vi dico.” (v. 25).
“Morirete nel vostro peccato”.
Peccare significa fallire, mancare il bersaglio. Il peccato per eccellenza è “l’idolatria”: la falsa immagine di Dio, che fa orientare la vita in direzione contraria a lui. È il peccato di chi non riconosce più Dio come Padre e se stesso come figlio. Esso viene dalla “menzogna antica” che presenta Dio come padrone geloso delle sue prerogative ed invidioso di chiunque altro. Per questo Adamo si allontanò da lui. L’uomo, staccato dalla sua sorgente, si attacca agli idoli, che gli succhiano la vita sino a ridurlo a loro immagine (cf. Sal 115,5-8).
Non accettare Dio come Padre e se stessi come figli ci svuota della nostra identità. La morte, che ne deriva, non è punizione di Dio, ma conseguenza del peccato (cf. Rm 6,23; cf. Sap 1,13). Morire qui non indica la morte biologica - siamo di natura mortali -, ma il modo insensato di vivere proprio di chi, non sapendo da dove viene e dove va, considera la morte come la fine di tutto. Nei vv. 24.28s Gesù presenterà la via di uscita per non morire nei propri peccati: credere in lui come “Io-Sono”.
L’espressione “Io-Sono” compare nell’AT per presentare l’unicità di Dio (Es 3,14; Is 51,12).
In questa formula caratteristica Giovanni vuole raccogliere, in una sola frase, tutti i possibili significati di Gesù.
Il testo più vicino dell’AT alla formula giovannea, si trova in Is 43,11: “Io, io sono il Signore; fuori di me, non vi è salvatore”. Il verbo “essere” nella prima persona singolare, “sono”, dev’essere inteso qui in senso stretto. Indica qualcuno che non ha principio, né fine. Quindi, è collocato al livello di Dio, di colui che attendevano per il futuro e che è già presente in mezzo a loro.
“Io vado e voi mi cercherete”
Scrive sant’Agostino: “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature che non esisterebbero se non esistessero in te” (Confessioni, 10.27-28).
L’uomo è sempre in cerca della luce e della verità: è alla ricerca di Dio. La Bibbia presenta un Dio che da sempre è in cerca dell’uomo, perché anche l’uomo lo cerchi e trovi la sua felicità. Cercare il Signore e non trovarlo è la tragica situazione (cf. Am 8,11-12). Il tempo per cercarlo è quello delle 12 ore del giorno in cui si compie la sua missione (cf. Gv 11,9). Lo trova solo chi crede in lui, luce del mondo, e lo segue (v. 12).
Quando il Figlio dell’uomo verrà innalzato, Gesù apparirà come il ponte fra i due mondi: quello di “quaggiù” e quello di “lassù”.
In conseguenza di queste parole, molti credettero in lui; ma la debolezza e l’insufficienza della loro fede si sarebbero rivelate assai presto.
Oggi, alle 12 celebrerò la divina Eucaristia in comunione con tutti voi